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Circeo in onda in chiaro e in prima serata su Rai 1 dal 14 novembre

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Circeo in onda in chiaro e in prima serata su Rai 1 dal 14 novembre

Circeo è una storia privata e pubblica insieme. La storia del dramma e della rinascita di una donna, ma anche la storia di un evento destinato a cambiare la società italiana per sempre.

“Il massacro del Circeo”, infatti, non è soltanto una delle pagine più tristemente note della nostra cronaca nera, ma rappresenta anche uno spartiacque nel cammino di emancipazione delle donne italiane. Il caso, che ha saputo scuotere profondamente l’opinione pubblica dell’epoca, è diventato la miccia per il movimento femminista per pretendere la revisione della legge sulla violenza sessuale, considerata allora come un reato contro la morale e non contro la persona.

In Circeo si racconta per la prima volta questa storia dalla parte delle donne: le vittime, la sopravvissuta e i loro avvocati.  Il dramma, ma ancora di più il processo, la battaglia, la rabbia e la speranza di una sopravvissuta e di tutte le donne.

Niente in Italia, dopo quei giorni, sarà più come prima.

La serie affronta i passaggi cruciali del percorso di Donatella Colasanti: da anonima ragazzina di periferia a vittima illustre che occupa le prime pagine di tutti i giornali e vive la celebrità lampo della cronaca nera. Da icona del movimento femminista (e come tale controllata, tenuta a bada, perché un’icona non può sbagliare) a donna finalmente consapevole che rivendica la libertà di essere soltanto sé stessa, errori compresi.

Ma Circeo è anche una storia di amicizia e di solidarietà femminile.

I punti di vista di Donatella e di Teresa, un personaggio di invenzione che racchiude le tante donne che furono a fianco di Donatella, ci guidano lungo le varie fasi della storia: due realtà diverse e parziali – quella della ragazza sopravvissuta al massacro e quella della sua avvocata – messe in continua relazione tra loro, che episodio dopo episodio sanno restituire una visione sfaccettata e complessa del loro rapporto e della vicenda.

La serie copre l’arco temporale che va dal giorno che precede il delitto (29 settembre 1975) fino al processo di secondo grado (ottobre 1980) e comprende molti momenti salienti per la politica e la società italiana dell’epoca: l’omicidio Pasolini, la nube tossica di Seveso, l’occupazione di Palazzo Nardini a via del Governo Vecchio, Processo per stupro, la battaglia per l’aborto.

La televisione e i giornali fanno da sfondo e da megafono alla storia per raccontare le mode, i gusti, gli eventi che costellano l’epoca. Le canzoni più famose, i locali dove si andava a ballare, i fotoromanzi, quel che resta di Via Veneto e della Dolce Vita: il rigore e la crudezza del massacro e del processo si scontrano con la voglia di vita e di leggerezza di una ragazzina che non si arrende a essere solo una vittima, vuole vivere, ascoltare musica, ballare e innamorarsi come le sue coetanee.

Circeo è una serie di liberazione, di libertà femminile in senso personale. Libertà da sé stesse in primis.  Perché nessuno può dire a una donna chi deve essere o come si deve comportare.

Nemmeno un’altra donna.

 

NOTE DI REGIA 

Il mio personale coinvolgimento nella realizzazione della serie “Circeo” è stato immediatamente convinto e partecipe. Quando il fatto accadde ero un bambino e la lettura di quegli eventi fu certamente parziale ma altrettanto forte. Col tempo mi sono trovato in più occasioni a ragionare su quegli eventi. Con quel crimine l’orrore e il conflitto di genere irruppe nelle case, anche nella mia. A volte i crimini ci offrono una possibile chiave di lettura del contesto nel quale vengono perpetrati. Con il massacro del Circeo non c’è dubbio che si sia definitivamente aperta una lunga e fondamentale stagione del nostro paese che ha portato a enormi cambiamenti nella società.

Mi sono dunque immediatamente chiesto perché raccontare oggi questa storia? Il senso, le ragioni, oserei dire, la necessità che ho trovato sono moltissime.

Ho pensato innanzitutto a quanto sia importante far conoscere, soprattutto alle generazioni più giovani, un fatto di cronaca tanto drammatico quanto fondamentale: il processo al massacro del Circeo ha infatti avuto un enorme impatto sull’opinione pubblica e ha contribuito in modo sostanziale a modificare prima le sensibilità e poi, purtroppo molto in ritardo, le leggi di questo paese.

Questa storia ci racconta un’epoca, si colloca in un periodo eccezionale ma ci riporta continuamente al presente perché la cultura che ha alimentato quella violenza o altre simili è oggi tutt’altro che debellata e perché le conquiste sociali e civili che sono state raggiunte nel tempo vanno strenuamente difese anche con l’uso della memoria e della conoscenza della storia.

Un’altra ragione per me è la storia di questa ragazza che, vittima della violenza seriale degli uomini, combatte per ottenere giustizia, insieme a tante altre donne e pochi uomini, sfidando pregiudizi e luoghi comuni e ribellandosi a chi vuole relegarla semplicemente al ruolo di vittima. La sua lotta per riappropriarsi della libertà e del diritto a vivere la sua vita ci aiuta a ricordare di puntare sempre i riflettori verso i responsabili e non, come purtroppo ancora oggi spesso accade, verso chi la violenza la subisce.

E infine la possibilità di raccontare in modo concreto e lontano dagli ideologismi, comprensibile da tutti, quanto per questo paese è stato ed è importante il femminismo.

Una storia con una indissolubile connessione tra passato e futuro che riguarda le donne e gli uomini.

Tutte le donne e tutti gli uomini.

NOTE DI SCENEGGIATURA 

Raccontare una storia vera è sempre un’operazione delicata. Bisogna cercare il giusto equilibrio tra realtà e immaginazione, con la maggiore aderenza possibile alla prima, usando la seconda ove necessario, per esigenze narrative. Bisogna tutelare le sensibilità delle persone coinvolte, e la memoria di chi non c’è più. E bisogna sapere perché si sta raccontando proprio quella storia, perché la si è scelta.

Noi volevamo raccontare “la storia del Circeo” per ciò che ha rappresentato, e per quello che può dire sull’oggi, parlando di ieri. Volevamo ricordare Rosaria, e far conoscere Donatella, una ragazza coraggiosa e vitale, non inquadrabile e non domabile. Una ragazza a cui è impossibile non voler bene. E volevamo raccontare che è stato anche tramite il loro sacrificio che la battaglia sul corpo delle donne, nel 1975, ha aperto un nuovo capitolo.

Circeo infatti non è una serie su un fatto di cronaca, ma sulle conseguenze che quel fatto ha avuto, sui destini e sulle coscienze non solo dei singoli ma dell’Italia intera. Il processo del Circeo ha messo per la prima volta la questione di genere al centro del dibattito pubblico, ed è stata uno spartiacque nel cammino di emancipazione della donna, e quindi del Paese.

Vogliamo dire che dopo quasi cinquant’anni ci saremmo aspettate che da quel movimento sarebbero conseguiti risultati più rapidi, e più duraturi, mentre ancora ci troviamo a fare i conti con le disparità di genere, con i troppi femminicidi, e con una battaglia che perdura per la difesa dei diritti già acquisiti?

Vero. Ma a maggior ragione abbiamo sentito il bisogno di raccontare di Donatella, e di tutte le donne protagoniste di quegli anni, di ricordarle a chi ha la memoria corta, o a chi è troppo giovane per averne sentito parlare.

Il punto di vista che abbiamo scelto per Circeo è proprio – strettamente – quello delle donne.

Innanzitutto quello di Donatella, che non ha mai accettato di rimanere una vittima, e ha dovuto fare i conti col diventare, suo malgrado, un simbolo; e poi quello delle avvocate e delle femministe che l’hanno difesa e sostenuta, rappresentate dal personaggio di finzione di Teresa Capogrossi, ispirata appunto alle allieve di Tina Lagostena Bassi.

Il rapporto con Teresa ci ha anche consentito di esplorare una dimensione più intima dei personaggi, entrando nel quotidiano di una ragazzina di 17 anni la cui vita è stata sconvolta per sempre, e provando a immaginarla in tutti i risvolti, nel bene e nel male.

Le libertà che ci siamo prese sono sorrette dal lavoro di ricerca e dal rigore delle fonti, che rendono verosimile l’intera storia perché sostanzialmente vera. Nulla di ciò che viene raccontato dell’iter legale, del dibattimento in aula e del dibattito pubblico, è inventato. Le procedure, i linguaggi, i dettagli, e tutto ciò che accade nel processo, e attorno a esso: ogni cosa è ricavata dalle fonti.

Non mettere in scena le violenze fisiche vere e proprie, infine, è stata una precisa scelta estetica ed etica: d’altronde la violenza in questa storia arriva fin troppo, anche solo evocata.

Speriamo di aver saputo restituire la forza di quel momento storico, di quelle donne, e di quella ragazzina che è tornata dall’inferno con la testa spaccata e fingendosi morta, affinché in Italia per la prima volta venisse messa sul banco degli imputati la cultura del pensare alla donna come a un oggetto.

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