Recensione di “Dangerous Animals”: il ritorno di Sean Byrne tra squali e serial killer
Recensione di Dangerous Animals, il thriller horror 2025 diretto da Sean Byrne: un mix ad alta tensione tra film
Sean Byrne, autore australiano apprezzato per film horror originali e disturbanti come The Loved Ones (mai arrivato in Italia… non sarebbe ora di rimediare?) e The Devil’s Candy, ritorna sul grande schermo con Dangerous Animals, un’opera che mescola con audacia il thriller psicologico e il survival horror. La firma stilistica del regista, fatta di atmosfere tese e disturbanti, si riconosce fin dai primi fotogrammi, dimostrando una maturità crescente nella gestione di suspense e violenza. Il film è un horror “gustoso”, perfetto per l’estate.
La visione di Sean Byrne: tra genere e autorialità
Doppio pericolo
Il film si presenta come un intrigante ibrido narrativo: al centro troviamo Zephyr (Hassie Harrison), una surfista ribelle e indipendente, che viene rapita da Tucker (Jai Courtney), un serial killer la cui ossessione per gli squali lo porta a usare questi predatori come strumenti del proprio sadismo. Intrappolata su una barca in mezzo all’oceano, Zephyr dovrà affrontare non solo la brutalità psicologica del suo rapitore, ma anche l’inarrestabile minaccia degli squali che circondano l’imbarcazione. Questo incastro narrativo permette al film di mantenere costantemente alta la tensione, giocando sull’angoscia della doppia minaccia e sulla claustrofobia dell’ambientazione marina.
Tensione in mare aperto
Byrne mostra grande abilità registica nella gestione degli spazi e della fotografia. L’oceano aperto non è un semplice sfondo, ma diventa una presenza che amplifica la sensazione di isolamento e pericolo. La fotografia, che gioca con la limpidezza dei paesaggi marini e il rosso intenso del sangue, esalta il contrasto tra bellezza e violenza, creando sequenze visivamente potenti che restano impresse nello spettatore.
La forza del film risiede soprattutto nella performance del cast. Jai Courtney – attore che non è mai riuscito ad imporsi come moderno eroe action – offre una delle interpretazioni più riuscite della sua carriera, costruendo un personaggio inquietante e carismatico, imponente e minaccioso, capace di mantenere un controllo glaciale e al tempo stesso mostrare lampi di una follia imprevedibile. Accanto a lui, Hassie Harrison è una protagonista credibile, capace di trasmettere la disperazione iniziale e l’evoluzione graduale in una figura di resistenza determinata. L’alchimia tra i due attori crea una tensione continua che sostiene l’intera struttura del film.
Nonostante i suoi molti punti di forza, Dangerous Animals presenta anche alcuni limiti. La sceneggiatura attraversa momenti di prevedibilità, soprattutto nella gestione delle sequenze intermedie, dove alcune dinamiche di fuga e contrattacco sembrano già viste, riducendo leggermente l’impatto della tensione emotiva. Un paio di scene mettono a serio rischio la sospensione dell’incredulità e appaiono decisamente inverosimili.
Sono previsti squali in un film di squali?
Apro parentesi per parlare degli squali nel film. Da amante di tutti gli shark movie, anche quelli più bizzarri, trash e improbabili – e so di non essere il solo – avrei preferito che gli squali avessero un ruolo più predominante all’interno della pellicola, piuttosto di essere solo un veicolo del sadismo del killer. C’è però una scena che fa perdonare questa mancanza, una scena suggestiva e d’impatto, un incontro ravvicinato con un grande squalo, che fa letteralmente trattenere il respiro allo spettatore.
Tuttavia, questi aspetti non compromettono il valore complessivo del film. Byrne conferma la sua capacità di reinventare temi già esplorati dal cinema horror. Niente di originale sotto il sole, ma diretto con competenza, tensione e intrattenimento. Imperdibile per chi ama il brivido intelligente e audace.
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