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Arriva su Netflix “Sulla mia pelle. Gli ultimi 7 giorni di Stefano Cucchi”

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Arriva su Netflix “Sulla mia pelle. Gli ultimi 7 giorni di Stefano Cucchi”

Dopo essere stato selezionato come film d’apertura della sezione “Orizzonti” alla 75ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, domani, il 12 settembreSulla mia pelle“, il film che racconta l’ultima settimana di vita di Stefano Cucchi, diretto da Alessio Cremonini ed interpretato da Alessandro Borghi, Jasmine Trinca, Max Tortora e Milvia Marigliano, uscirà in contemporanea in alcune sale italiane e sarà disponibile su Netflix.

A Venezia il film ha conquistato sette minuti di applausi, tanta commozione e, ma era prevedibile, polemiche da parte dei Sindacati di Polizia.

Queste le note di regia di Alessio Cremonini:

Quando Stefano Cucchi muore nelle prime ore del 22 ottobre 2009, è il decesso in carcere numero 148.
Al 31 dicembre dello stesso anno, la cifra raggiungerà l’incredibile quota di 176: in due mesi trenta morti in più.
Nei sette giorni che vanno dall’arresto alla morte, Stefano Cucchi viene a contatto con 140 persone fra carabinieri, giudici, agenti di polizia penitenziaria, medici, infermieri e in pochi, pochissimi, hanno intuito il dramma che stava vivendo. È la potenza di queste cifre, il totale dei morti in carcere e quello del personale incontrato da Stefano durante la detenzione che mi ha spinto a raccontare la sua storia: sono numeri che fanno impressione, perché quei numeri sono persone.
Di tutta la vicenda, le polemiche, i processi, è l’ovvia ma allo stesso tempo penosa impossibilità di difendersi, di spiegarsi, da parte della vittima ad avermi toccato profondamente: tutti possono parlare di lui, tranne lui. Ecco, Sulla mia pelle nasce dal desiderio di strappare Stefano alla drammatica fissità delle terribili foto che tutti noi conosciamo, quelle che lo ritraggono morto sul lettino autoptico, e ridargli vita.
Movimento. Parola. Sulla mia pelle, tra le varie cose, è modo di battere, di opporsi alla più grande delle ingiustizie: il silenzio.
Di tutte le parole che negli anni sono state spese sul suo caso queste sono, per me, le più illuminanti: «Non è accettabile, da un punto di vista sociale e civile prima ancora che giuridico, che una persona muoia non per cause naturali mentre è affidata alla responsabilità degli organi dello stato». Giuseppe Pignatone, procuratore della Repubblica di Roma.

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