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Recensione della miniserie Netflix “Eric”: tra l’oscurità dell’animo e le ombre della città

Recensione della miniserie Netflix "Eric" interpretata da Benedict Cumberbatch: tra l'oscurità dell'animo e le ombre della città.

Recensione della miniserie Netflix “Eric”: tra l’oscurità dell’animo e le ombre della città

C’è più di una ragione per lasciarsi catturare da Eric, la nuova miniserie Netflix creata da Abi Morgan.

Inizio dalla più evidente, cioè la straordinaria performance di Benedict Cumberbatch (faccio un appello a te lettore: guarda la serie in lingue originale!). Il suo ritratto di Vincent Anderson, un padre tormentato, è tanto potente quanto straziante. Vincent è un uomo segnato da un passato di abusi, dipendenze e frustrazioni, il cui unico rifugio è il suo lavoro come burattinaio di uno show televisivo per bambini. Tuttavia, il mondo di Vincent si sgretola quando suo figlio, Edgar, scompare misteriosamente, lasciando lui e sua moglie Cassie (interpretata da Gaby Hoffmann) in un abisso di disperazione e paura.

La metamorfosi del mostro interiore

Deciso a ritrovare Edgar, Vincent trasforma il disegno di un mostro blu, creato dal figlio, in una marionetta di dimensioni reali, credendo che vedere Eric in TV possa riportare a casa il bambino. Ma Eric, il mostro, non è un semplice pupazzo. È la manifestazione delle paure e delle colpe di Vincent, un alter ego che lo tormenta, rivelando la verità più scomoda: Vincent è un pessimo padre, un marito infedele e un collega insopportabile. La marionetta diventa così un simbolo della lotta di Vincent con se stesso, un viaggio doloroso verso l’accettazione e la redenzione.

Attorno a Vincent si sviluppa un cast corale che ci conduce attraverso le vie degradate della città, rivelando le paure e le ansie sociali del tempo. Tra i personaggi spicca Michael Ledroit (interpretato da McKinley Belcher III), un detective nero e gay che lotta con la propria identità in un mondo ostile. La sua ricerca di Edgar è parallela alla sua lotta personale contro un sistema ingiusto, facendo di lui un simbolo di cambiamento.

Un Ritratto Crudo degli Anni ’80

La seconda ragione per guardare Eric è l’ambientazione. La serie dipinge un ritratto vivido e crudo della New York degli anni ’80, una città sporca e crudele, popolata da senzatetto e minacciata dall’epidemia di AIDS. In questo contesto, la discriminazione contro i gay è feroce, e le strade sono dominate dalla mercificazione dei corpi. La New York di Eric è un personaggio a sé, una città che non nasconde la sua brutalità e le sue contraddizioni.

La mano di Abi Morgan

La serie è creata dalla sceneggiatrice britannica Abi Morgan, già nota per il suo lavoro intenso e profondo su temi complessi. Morgan ha al suo attivo una serie di opere di grande impatto, tra cui Shame (2011), che affronta il tema della dipendenza sessuale, e Suffragette (2015), un dramma potente sul movimento per il suffragio femminile nel Regno Unito. Ha inoltre creato serie TV acclamate come The Hour e The Split, conosciute per la loro esplorazione emotiva e la critica sociale acuta. Con Eric, Morgan continua a esplorare le profondità della psiche umana e le disfunzioni delle strutture sociali, portando sullo schermo una narrazione viscerale e coinvolgente.

La visione registica di Lucy Forbes

La regia di Eric è affidata a Lucy Forbes, che porta la sua sensibilità e la sua una visione artistica in ogni episodio della miniserie. Forbes, conosciuta per il suo lavoro su serie come The End of the F**ing World* e In My Skin, dimostra ancora una volta la sua capacità di combinare umorismo nero e dramma profondo. In Eric, Forbes riesce a bilanciare il tono surreale della storia con momenti di cruda realtà, creando un’atmosfera che è al tempo stesso magica e inquietante. La sua regia contribuisce a dare vita a un mondo che, nonostante sia intriso di dolore e difficoltà, offre sprazzi di speranza e redenzione.

Una favola oscura

Eric è una serie che gioca con i confini tra realtà e fantasia, proponendo una narrativa che, sebbene apparentemente tradizionale, è arricchita da elementi quasi fiabeschi. La lotta di Vincent con il suo mostro interiore è una potente allegoria dei demoni personali che ciascuno di noi deve affrontare. La serie ci ricorda che i veri mostri non sono quelli delle fiabe, ma quelli che si nascondono dentro di noi, e che il primo nemico da affrontare siamo sempre noi stessi. A fine visione, Eric ci lascia con una verità innegabile: ognuno di noi deve fare i conti con i propri mostri per poter sperare di trovare la pace.

La serie sarà disponibile su Netflix da 30 maggio 2024

About Author

Giovanni Lembo

Giornalista, sceneggiatore, speaker, podcaster, raccontastorie, papà imperfetto. Direttore di Sitopreferito.it e fondatore del Preferito Network. Conduce Preferito Cinema Show su Radio Kaos Italy tutti i martedì alle ore 15, e il podcast L'Edicola del Boomer sulle principali piattaforme. Gli piacciono i social, i fumetti, le belle storie, scrivere di notte con la musica nelle orecchie, vedere un sacco di film e sognare ad occhi aperti.

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