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“The Whale” di Darren Aronofsky: la recensione del film che farà incetta di Oscar

The Whale di Darren Aronofsky  è un film potente, che parla di amore, fede, sbagli, rivalsa. Interpretato magistralmente da

“The Whale” di Darren Aronofsky: la recensione del film che farà incetta di Oscar

“Scrivi qualcosa di sincero”.

The Whale è un film potente, che parla di amore.

Amore di un padre verso una figlia che usa le parole per distruggerlo. Amore di un uomo verso il proprio compagno, morto suicida.

The Whale è un film straziante, che parla di sbagli.

Perchè quel padre, per amore del suo compagno, ha abbandonato la moglie e la figlia di otto anni. E la bimba è cresciuta, diventando un’adolescente rabbiosa, contraddittoria, irrisolta.

The Whale è un film doloroso, che parla di redenzione.

Perchè quel padre è disposto a tutto, pur di fare una sola cosa giusta nella sua vita, riallacciare un rapporto con la figlia abbandonata, anche a costo di pagarla per la sua compagnia, anche a costo di rinunciare a tutto pur di mettere da parte i soldi che le assicurerebbero una vita almeno dignitosa, se non felice.

The Whale è un film sgradevole, che parla di fede.

Si apre con il protagonista intento a masturbarsi davanti un video porno gay, su uno sqallido divano, tra carte di cibo spazzatura, e un degrado che si può sentire, e passa a mostrarci ogni centimetro della sua carne flaccida, gonfia, dolorante, malata, fino a farci assistere a interminabili momenti in cui il protagonista si ingozza di cibo fino a stare male, fino a vomitare tutto e piangere, mescolando lacrime e vomito sulla maglietta bagnata di sudore.

The Whale ha tutto per convincervi ad uscire di casa e recarvi in un cinema: è un film di cui si parla molto, possibile vincitore ai prossimo Oscar, è il ritorno di un regista che nelle ultime prove era sembrato piuttosto appannato e fuori fase; vede il ritorno di un (grande) attore, spesso sottovalutato o utilizzato in ruoli comedy o da action man (ma solo io ricordo le sue prove in  Darkly Noon o in Demoni e Dei?), una giovane attrice sulla cresta dell’onda per il successo di una serie tv dal successo globale (ma lei è veramente di una bravura disarmante), e poi c’è la sfida, portare a schermo una pièce di successo di Samuel Hunter, un film ambientato tutto in una casa, pieno di dialoghi fitti, pieno di sofferenza raccontata e mostrata, per non parlare di un formato, il 4:3 che non è un vezzo autoriale ma dà significato alle immagini, comprimendo la scena in un quadrato asfissiante, come la casa buia del protagonista.

Il film ha più di un punto di contatto con The Wrestler: il “bagaglio” è lo stesso a partire da un protagonista sfatto, una situazione di crisi, fisica ed emotiva, e un rapporto problematico con la figlia. Per non parlare di quello che accomuna Mickey Rourke con Brendan Fraser.

A differenza di The Wrestler, The Whale appare più consapevole, più cinico nel mettere in scena la vita di quest’uomo, più ricattatorio nei confronti dello spettatore. Sa bene Darren Aronofsky quali tasti spingere, quali reazione ottenere, dove spingere fino in fondo e dove lasciare il freno.

Se, a livello di personaggi, non tutti mi sono sembrati a fuoco, penso per esempio al giovane missionario, che inserisce nel film la tematica religiosa che rimane sempre in superficie e alla fine non aggiunge granchè all’economia del film, dove il film susciterà interessanti discussioni è nell’offrire diverse chiavi di lettura.

The Whale. Moby Dick. Chi è la balena bianca, cosa rappresenta? e, alla fine, chi insegue chi?

C’è un testo che il protagonista legge all’inizio mentre è preda di un infarto, è un testo che ha un preciso significato. E’ un testo, come dice il protagonista, molto bello, perchè è sincero, un testo che vuole sentire in caso dovesse morire.

Morire con nelle orecchie qualcosa di bello. Di sincero. Di vero.

E questo testo è una tesi su Moby Dick, in cui l’autore spiega che Melville ha messo apposta quelle pagine così respingenti sul mondo delle balena all’inizio del libro, cose se volesse in qualche modo bloccare la curiosità del lettore nel proseguire, perchè quello che avrebbe raccontato dopo, la caccia alla Balena bianca, è troppo doloroso e crudele. Per risparmiare al lettore la sofferenza.

E’ una tesi affascinante che si lega al protagonista, a quello che è diventato, a quello che si è fatto, ingrassando a dismisura dopo un dolore annichilente. Qual corpo così respingente è quel gruppo di pagine iniziali nel Moby Dick di Melville. Chi riuscirà a superare l’impatto iniziale, scoprirà la verità, che è una storia triste, che comunque vale la pena ascoltare (come tutte le storie).

“Scrivi qualcosa di sincero”.

Io ti odio, scrive la figlia, sei disgustoso. Lei è cattiva, dice la madre. Lei è meravigliosa ma lo ha scordato, dice il padre.

Lei è la bambina che giocava sulla spiaggia, prima che il suo mondo crollasse. Lei è la ragazza che inonda di luce la stanza aprendo la porta, la ragazza che lascia che il padre vada a lei, finalmente leggero.

About Author

Giovanni Lembo

Giornalista, sceneggiatore, speaker, podcaster, raccontastorie, papà imperfetto. Direttore di Sitopreferito.it e fondatore del Preferito Network. Conduce Preferito Cinema Show su Radio Kaos Italy tutti i martedì alle ore 15, e il podcast L'Edicola del Boomer sulle principali piattaforme. Gli piacciono i social, i fumetti, le belle storie, scrivere di notte con la musica nelle orecchie, vedere un sacco di film e sognare ad occhi aperti.

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