Recensione di “Mickey 17”: Robert Pattinson e il ritorno di Bong Joon-ho tra satira sociale, tensione e riflessioni esistenziali
Recensione di "Mickey 17": Robert Pattinson e il ritorno di Bong Joon-ho tra satira sociale, tensione e riflessioni esistenziali.

Dopo l’Oscar per Parasite, Bong Joon-ho torna dietro la macchina da presa con Mickey 17. Adattando il romanzo Mickey7 di Edward Ashton, attraverso il suo inconfondibile mix di satira sociale, tensione e riflessioni esistenziali, il regista sudcoreano intreccia nel suo racconto identità, clonazione e sfruttamento capitalistico, firmando un’opera complessa, divertente e godibile, fin troppo stratificata, che si innesta perfettamente nel solco della sua poetica.
Un concept intrigante che mescola fantascienza e critica sociale
L’opera di Bong Joon-ho parte da una premessa potente: un futuro distopico in cui la sopravvivenza dell’umanità è legata a una tecnologia che mette in discussione il valore della vita individuale. Il regista sudcoreano sfrutta la fantascienza non solo per costruire un universo narrativo affascinante, ma anche per riflettere su temi attuali come il capitalismo, il sacrificio e il concetto di identità.
Nel corso degli anni, Bong ha dimostrato di saper maneggiare la satira sociale con maestria, come dimostrato in Parasite e Snowpiercer. Anche in Mickey 17 questo elemento è presente, con un sottotesto che punta il dito contro un sistema che considera le persone come risorse usa e getta. Tuttavia, rispetto ai suoi lavori precedenti, la narrazione sembra più complessa e stratificata, rendendo difficile trovare un equilibrio tra intrattenimento e riflessione.
Robert Pattinson al centro della scena
Robert Pattinson, ormai sempre più lontano dall’etichetta di idolo adolescenziale, offre un’interpretazione intensa e sfaccettata, dimostrandosi ancora una volta un attore capace di adattarsi a ruoli atipici e complessi. Il suo personaggio si muove tra momenti di ironia, angoscia e ribellione, dando al pubblico un punto di riferimento forte all’interno della narrazione.
Accanto a lui troviamo attori di talento come Mark Ruffalo (in un ruolo che mette alla berlina i vizi e le movenze di Trump) Steven Yeun, Naomi Ackie e Toni Collette, ma il film non sembra sfruttare appieno le loro potenzialità. Mentre Pattinson domina la scena, il resto del cast appare relegato a ruoli funzionali, senza un vero sviluppo psicologico che possa renderli memorabili. Questo porta a una dinamica narrativa che ruota quasi esclusivamente attorno al protagonista, limitando l’impatto emotivo delle interazioni tra i personaggi.
Un mondo affascinante
Sul piano visivo, Mickey 17 offre scenari suggestivi e un’atmosfera densa di mistero. Bong Joon-ho costruisce un futuro credibile e allo stesso tempo inquietante, sfruttando la sua abilità nel creare ambientazioni che parlano da sole. Il pianeta ghiacciato, con le sue insidie e la sua estetica ostile, diventa un elemento chiave della narrazione, così come la tecnologia che permette la rigenerazione del protagonista.
Tuttavia, rispetto ad altri film di fantascienza che hanno saputo costruire universi narrativi ricchi di dettagli e sottotesti (penso a Starship Trooper), Mickey 17 sembra limitarsi a suggerire più che a spiegare. Alcuni elementi della sua lore rimangono accennati, lasciando allo spettatore il compito di riempire i vuoti. Se da un lato questa scelta può aumentare il fascino del film, dall’altro potrebbe lasciare una sensazione di incompletezza, specialmente per chi cerca una costruzione del mondo più solida e approfondita.
Un’ambizione che rischia di soffocare la narrazione
Uno dei tratti distintivi di Bong Joon-ho è la sua capacità di mescolare generi diversi, passando dalla satira al dramma, dall’azione alla riflessione filosofica. In Mickey 17, questa tendenza è ancora più marcata, con il film che tenta di affrontare molteplici tematiche, spesso senza riuscire a svilupparle appieno.
Si parla di identità, di sfruttamento, di coscienza e di libero arbitrio, ma non tutti questi argomenti trovano il giusto spazio per emergere con chiarezza. Il risultato è una narrazione che a tratti appare brillante e coinvolgente, ma che in altri momenti sembra perdersi nella sua stessa complessità. Se Parasite riusciva a bilanciare perfettamente i suoi messaggi con una storia avvincente, Mickey 17 rischia di risultare meno incisivo proprio perché sovraccarico di idee non del tutto sviluppate.
Mickey 17 conferma il talento visivo e narrativo di Bong Joon-ho, il film ha momenti di grande impatto, ma la mancanza di equilibrio nella gestione delle tematiche lo rende meno coeso rispetto ai precedenti lavori del regista.