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Recensione di Ferrari, il ritorno al cinema di Michael Mann

Recensione di Ferrari, il ritorno al cinema di Michael Mann dopo otto anni e dopo il flop del bellissimo

Recensione di Ferrari, il ritorno al cinema di Michael Mann

Ferrari è il ritorno di Michael Mann al cinema dopo otto anni e dopo il flop del bellissimo e incompreso Blackhat. Un progetto, quello di Ferrari, cullato da quasi un ventennio, che finalmente vede la “strada” della sala dopo essere stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2023.

Un film molto atteso, Ferrari, che non ripaga le aspettative.

In breve: Ferrari è un film che arranca sotto le sue stesse ambizioni, un film che cerca l’epica e non la trova, che cerca l’approfondimento e crolla sotto le sue stesse ambizioni.

Nell’estate del 1957, Enzo Ferrari, ex pilota automobilistico, si trova in una crisi che minaccia di spazzare via l’azienda da lui e sua moglie Laura costruita con tanto impegno in dieci anni. Il loro matrimonio tumultuoso è sotto pressione a causa della tragica perdita del figlio Dino e della scoperta di un secondo figlio, Piero, nato da una relazione segreta.

Deciso a sfidare le avversità, Enzo decide di scommettere tutto su un’unica corsa: la leggendaria Mille Miglia, una gara di 1.600 km da Brescia a Roma e ritorno. La Scuderia Ferrari iscrive quattro vetture con piloti del calibro di Piero Taruffi, Wolfgang von Trips, Peter Collins e Alfonso de Portago.

La gara si rivela una vera montagna russa emotiva: Taruffi e von Trips conquistano rispettivamente il primo e il secondo posto, mentre la tragedia si abbatte su de Portago e il suo navigatore a pochi chilometri dal traguardo, causando la morte di 9 spettatori, inclusi 5 bambini.

In seguito alla tragedia, Enzo Ferrari venne incriminato e rinviato a giudizio: il processo a suo carico si concluderà con l’assoluzione. Inoltre le corse automobilistiche furono pesantemente limitate sull’intero territorio nazionale.

Un uomo e la sua ossessione

Ferrari è la storia di un uomo e la sua ossessione, ossessione per i motori, per la corsa, per il suo lavoro, ossessione che lo mangia e che lo porta a sua volta a divorare i suoi collaboratori, i suoi amici, la sua famiglia, come un Saturno ossessionato che divora i suoi stessi figli.

Ferrari è la storia di un dolore, un dolore cieco che si porta perennemente dentro contro cui è necessario alzare torri a costo di sembrare insensibile e lontano, quando invece ci si sta solo difendendo.

Il film di Mann cerca l’epica, e non la trova (se non in brevi momenti, relegati alla parte finale della Mille Miglia). Il film arranca nella prima parte e nonostante le buone prove attoriali (la maschera impassibile di Adam Driver, il dolore perenne di Penelope Cruz, la dolcezza rassegnata di Shailene Woodley) fatica a trovare il passo giusto per una narrazione veramente appassionante.

Relegando la narrazione in pochi msi di un anno cruciale, il film, sceneggiato da Troy Kennedy Martin a sua volta ispirata al volume del 1991 del giornalista Brock Yates, non approfondisce, lasciando alcune vicende fondamentali della storia a brevi righe di dialogo (come la morte dei due amici piloti di Ferrari) e alle conoscenze dello spettatore.

L’emozione della corsa

Molto meglio la parte della Mille Miglia, in cui Mann regala momenti finalmente emozionanti, e inquadrature che non si dimenticano (la strada di notte tagliata dai fari delle macchine) in cui lo spettatore è spalla a spalla con i piloti, a tutta velocità, e sente ogni curva, ogni accelerata, ogni sorpasso fremendo con loro.

Ma è veramente troppo poco per salvare un film poco riuscito con più difetti che pregi: una computer grafica che grida vendetta, quell’ibrido straniante di italiano inglese (che si perderà se lo vedrete doppiato ma che in lingua originale è davvero da strapparsi le orecchie).

Tra trionfo e tragedia, il film incarna la lotta di Enzo Ferrari contro le avversità, culminando con la sua assoluzione nel 1961 e lasciando un’impronta indelebile sulla storia dell’automobilismo.

Cinematograficamente parlando, utilizzando la metafora automobilistica, il film è una macchina che va bellamente fuori strada.

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Giovanni Lembo

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