“La profezia del male”, recensione dell’horror a base di tarocchi diretto da Spenser Cohen e Anna Halberg
"La profezia del male", recensione dell'horror a base di tarocchi diretto da Spenser Cohen e Anna Halberg: poca originalità
“La profezia del male” (“Tarot“, in originale) è il film che segna l’esordio nel mondo dell’horror per Spenser Cohen (I mercenari – The Expendables) e Anna Halberg (Extinction, Moonfall), e se la speranza era quella di un horror quantomeno in grado di essere spaventoso, regalare qualche brivido e magari fornire una interpretazione originale dei tarocchi, prepariamoci a rimanere delusi: la mano che ci spetta è piena zeppa di jump scare ripetuti, personaggi bidimensionali e una trama che è un continuo riciclo.
La storia segue un gruppo di amici del college che, durante una festa in un inquietante vecchio maniero, scopre un mazzo di tarocchi maledetto. Haley (Harriet Slater) è inizialmente riluttante a leggere le carte, rispettando la regola sacra di non usare i tarocchi di altri. Ma la festeggiata Elise (Larsen Thompson) insiste, e così ognuno riceve la propria predizione. Presto, le loro vite si trasformano in un vero e proprio incubo, quando cominciano a morire uno dopo l’altro, in modi legati ai loro oroscopi.
Una profezia che non si avvera
Sono diversi i motivi per cui “La profezia del male” è un film che non funziona e non spaventa.
Ve li metto in ordine:
Troppi jump scare! Il film è una sarabanda insostenibile di jump scare facilmente prevedibili, confezionati con la stessa attenzione al dettaglio con cui si preparano i piatti pronti al supermercato. Sono così ben annunciati che anche il più spaventabile tra noi non batterebbe ciglio.
Personaggi bidimensionali. La caratterizzazione è la solita catalogazione da film horror da discount. Non ci si affeziona a nessuno di loro, non ci si appassiona alle loro avventure, ci si potrebbe divertire a fare una classifica con gli amici: chi muore per primo?
L’umorismo. Non parlo di quello involontario, no, ma di quello che viene introdotto in maniera del tutto consapevole per alleggerire (?) la tensione e che porta nelle battute finali del film ad alzare gli occhi al cielo piuttosto increduli.
La fiera del clichè. Cohen e Halberg sembrano aver preso un po’ da “Final Destination“, un pizzico da “Ouija“, una citazione da “Evil Dead” e una spruzzata di “Truth or Dare“, sperando che mescolare tutto possa produrre qualcosa di originale. Spoiler: non funziona così, e infatti si salva poco o niente.
Le uniche note positive sono le creature, che ricordano da lontano alcune suggestioni alla Clive Barker, la fotografia che regala dei bei scorci suggestivi e gli omicidi (vagamente) creativi, anche se qui c’è sempre la solita aria di già visto (non abbiamo già visto una morte con una scala in un capitolo di Final Destination? Ve lo dico io: si). Tuttavia, guai ad eccedere con il sangue, e infatti il film è piuttosto anemico da questo punto di vista preferendo annegare il tutto in un tripudio di effetti digitali innocui.
Un ultimo giro di carte
Alla fine, “La profezia del male” è un film che non riesce a offrire nulla di più di un minestrone di cliché e spaventi già visti. Se sei un fanatico dell’horror che non riesce a resistere alla tentazione di una sessione di tarocchi maledetti, allora forse troverai nel film un intrattenimento superficiale per una serata poco impegnativa. Se sei un adolescente brufoloso, con tre quattro amici fossi in te mi fionderei al cinema perchè sarebbe un fuoco di fila di battute e risate. Ma se speri in qualcosa che ti faccia davvero rabbrividire, allora queste carte possono restare tranquillamente nel loro mazzo.