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Alla scoperta dell’Anello, affascinante metafora, da oggetto magico a simbolo

Segui Email   “Un Anello per domarli, un Anello per trovarli, un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli.”

Alla scoperta dell’Anello, affascinante metafora, da oggetto magico a simbolo

 

“Un Anello per domarli, un Anello per trovarli, un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli.”

So che a tutti voi queste parole suscitano una e una sola immagine: “l’Unico Anello” de “Il Signore degli Anelli” rilucente del suo sinistro e affascinante luccichio, ma a me fa venire in mente la scena della morte di Alessandro Magno nel film “Alexander” – di Oliver Stone – nella quale il più grande conquistatore del mondo antico si sfila dal dito e solleva il suo anello con le ultime forze e infine, esanime, allenta la presa lasciandoselo scivolare di mano.

In questa scena l’anello è una metafora perfetta del “potere” che, con la morte del suo detentore, lo abbandona per finire nelle mani di qualcun altro.

L'Anello

Ma l’anello non è solo questo, e se c’è una cosa che ho appreso raccogliendo informazioni su questo leggendario oggetto è quanto la sua simbologia possa essere ambivalente e ambigua; perché, un anello è un cerchio, che può rappresentare la completezza del tutto ma, proprio in quanto cerchio, il suo interno è costituito dal nulla del vuoto. L’anello può essere simbolo di una promessa, di un legame, ma un legame può essere anche un vincolo che ci incatena… e potrei continuare ancora con ulteriori antitesi, ma non lasciamoci prendere dalla fretta e procediamo con calma, partendo dalla sua etimologia.

Etimologia dell’anello

Il termine anello proviene dal latino “anellus”, che è un diminutivo della parola “anulus” che, a sua volta è una forma diminutiva del termine “anus”: cerchio – siete liberi di trarre le sottintese conclusioni etimologiche – che, pare sia un’evoluzione della parola “acnus”, dalla radice “ak”-“ank”: curvare, piegare.

Origini dell’anello

L’origine dell’anello come ornamento è molto antica e risale all’età del bronzo – 3400-600 a.C. – e già nella civiltà cretese-micenea divenne un oggetto prezioso e lavorato con accuratezza. Intorno al 1800 a.C. si diffuse l’uso dell’anello-sigillo di derivazione mesopotamica, con il castone con la funzione di sigillo per documenti – una specie di PEC o firma digitale – da cui deriverebbe il suo significato simbolico di autorità, autorevolezza e potere. Ma l’anello, nell’antica Roma diviene anche “sigillo” della fedeltà di una promessa e poi di un legame: quello matrimoniale.

Anello come promessa, legame e vincolo

La tradizione dell’anello di fidanzamento pare che affondi le sue origini persino al tempo degli Egizi; questo pegno veniva regalato alla donna in segno di fiducia e rispetto, ed era un modo per dirle che veniva considerata una persona su cui poter contare e con cui quindi potersi sposare e creare una famiglia.

Presso i Romani, invece, alla donna venivano complessivamente regalati ben due anelli: l’anulus pronubus – l’anello di fidanzamento – e il cingulum (o vinculum) ossia l’anello nuziale, da infilare nell’anulare sinistro, poiché si riteneva che un’arteria si estendesse da questo dito raggiungendo direttamente il cuore.

L'Anello

Ma l’anello di fidanzamento da cui discende il “brillocco con diamante/i” – attuale anello di fidanzamento per antonomasia – è niente poco di meno che l’anello che l’Arciduca Massimiliano d’Asburgo regalò nel 1477 alla sua sposa Maria di Borgogna: un cerchio d’oro sovrastato da un diamante. In seguito la tradizione di regalare alla propria innamorata un anello con diamante/i si è diffusa sempre di più anche grazie all’estrazione di diamanti provenienti dalle miniere del Sud Africa, che nel corso degli anni è divenuta sempre più massiccia fino all’alba del XX secolo.

Quindi è all’Arciduca Massimiliano d’Asburgo che buona parte della popolazione maschile mondiale può rivolgere la sua maledizione per la “moda” da lui lanciata e canonizzata nel 1947 dallo slogan ideato dalla copywriter Mary Frances Gerety, dell’agenzia pubblicitaria N. W. Ayer & Son per la De Beers, un colosso dell’oreficeria: “Un diamante è per sempre”.

A tal proposito penso che uomini e donne abbiano sempre dato un’interpretazione differente a questa frase: là dove il gentil sesso vi coglie una promessa di amore eterno, la controparte maschile vi vede la rassicurante certezza che dopo l’acquisto dell’esoso anello non ne dovrà comprare un secondo.

Anche se, purtroppo, di questo anello di fidanzamento ne esistono anche due versioni advance: il Trilogy – anello con tre diamanti che starebbero a significare una costosissima promessa d’amore che dal passato perdura nel presente e si protende nel futuro – e l’Eternity, un anello su cui è incastonata una fascia più o meno ampia di diamanti; a seconda di quanti organi il povero innamorato ha venduto per il suo acquisto.

Ma quello dell’Arciduca non è l’unico anello di fidanzamento che ha fatto la storia, ad esempio potrei menzionarvi quello che Napoleone donò alla sua amata Giuseppina: il Toi et Moi o Contrarié, un anello con due pietre simili ma non uguali (un diamante e uno zaffiro), a mostrare due individualità, che si incontrano e completano a vicenda.

Naturalmente poi esistono anche i vari tipi di fedi, diverse a seconda del paese; come la raffinata fede sarda, la geometrica fede greca oppure la fede russa, costituita da tre bande di metallo in oro rosa (amore), oro giallo (fedeltà) e oro bianco (amicizia) che si intrecciano. Ma la mia preferita è la fede irlandese, un anello che può significare tanto amicizia quanto fidanzamento o nozze: il Claddagh Ring.

Il Claddagh Ring è il famoso anello irlandese, simbolo di amore, amicizia e lealtà, che deriva il suo nome da Claddagh, un villaggio di pescatori sulla Baia di Galway. La parola “claddagh” in gaelico indica la sabbia rocciosa tipica proprio di quella zona. Sono gli stessi abitanti di Claddagh che realizzarono questo gioiello.

Il Claddagh Ring ha la forma di due mani che abbracciano un cuore sormontato da una corona. Le mani sono simbolo di amicizia, il cuore di amore e la corona di lealtà. Tale particolare disegno gli conferisce, appunto, il suo triplice significato di amicizia, fidanzamento e nozze. Lo scopo per cui è scelto è manifestato dal modo in cui l’anello viene indossato: amicizia, mano destra, con la punta del cuore rivolta verso la punta delle dita, fidanzamento, mano destra, con il cuore puntato verso il polso, matrimonio, mano sinistra con il cuore puntato verso il polso.

Anche in alcune fiabe l’anello assume il ruolo di pegno d’amore, ma soprattutto di oggetto che permette di riconoscere l’amato; come in “Pelle d’asino” e “Il principe Kamar e la principessa Budur”.

Ma il legame che esprime simbolicamente l’anello non è necessariamente con un’altra persona.

Può essere con un’entità sovrannaturale come l’anello pescatorio, che testimonia il legame tra il Papa, successore di Pietro e la Chiesa.

L’ispirazione per la creazione di questo anello deriva dal Vangelo di Luca 5, 1-11:

“Un giorno Gesù si trovava sulla riva del lago di Genèresat. Egli stava in piedi e la folla si stringeva attorno per poter ascoltare la parola di Dio. Vide allora sulla riva due barche vuote: i pescatori erano scesi e stavano lavando le reti. Gesù salì su una di quelle barche, quella che apparteneva a Simone, e lo pregò di riprendere i remi e di allontanarsi un po’ dalla riva. Poi si sedette sulla barca e si mise a insegnare alla folla. Quando ebbe finito di parlare, Gesù disse a Simone: «Prendi il largo e poi gettate le reti per pescare.»

Ma Simone gli rispose: «Maestro, abbiamo lavorato tutta la notte senza prendere nulla; però, se lo dici tu, getterò le reti.»

Le gettarono e subito presero una quantità così grande di pesci che le loro reti cominciarono a rompersi. Allora chiamarono i loro compagni che stavano sull’altra barca perché venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono di pesci le due barche a tal punto che quasi affondavano. Appena si rese conto di quel che stava accadendo Simon Pietro si gettò ai piedi di Gesù dicendo: «Allontanati da me, Signore, perché io sono un peccatore.»

In effetti Pietro e i suoi compagni, Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, e tutti quelli che erano con lui erano rimasti sconvolti per la straordinaria quantità di pesci che avevano preso. Ma Gesù disse a Simone: «Non temere, d’ora in poi tu sarai pescatore di uomini.»

Essi allora riportarono le barche verso riva, abbandonarono tutto e seguirono Gesù.”

Questo anello, infatti, raffigura l’apostolo Pietro nell’atto di lanciare la rete. La sua prima attestazione nella storia si ha in una lettera scritta da papa Clemente IV al nipote Pietro Grossi nel 1265, in cui il Pontefice fa menzione dell’“Anello del pescatore”, utilizzato per sigillare tutta la corrispondenza privata.

Ma il legame che può sancire un anello può essere anche con chi teniamo di più al mondo, che rispetteremo e cui saremo sempre fedeli… noi stessi!

È il caso del “cocktail ring”.

L'Anello

La sua genesi si fa risalire a durante, ma soprattutto dopo gli anni del proibizionismo americano (1919-1933). In quell’epoca, le donne stavano iniziando a vedere cambiamenti nel proprio ruolo sia nella famiglia che nella società; muovevano i primi passi nei café, nei club e nei teatri, finalmente libere di dire la loro, di indossare abitini e bere, appunto, o concedersi il vizio del tabagismo, alla stregua di un uomo.

Gli anelli da cocktail erano – e lo sono ancora – prevalentemente indossati sulla mano destra, al fine di definire una netta separazione dagli anelli di fidanzamento, dalla fede nuziale o da altri anelli più personali.

Le donne decidono di investire su questi anelli solo ed esclusivamente per se stesse; dunque, in questo caso l’anello diviene simbolo di emancipazione, girl power e autorealizzazione.

E non ci sono regole sulla loro realizzazione, sul design, sulle pietre o i metalli utilizzati, ma naturalmente, più il gioiello sarà costoso più la carriera della sua proprietaria sarà stata… brillante.

Ma come poco fa accennavo sull’ambivalenza del significato simbolico dell’anello, se da un lato sta a sancire un legame, dall’altro può essere considerato il sigillo di un vincolo che ci lega contro la nostra volontà a qualcuno – è il caso di Victor ne “La sposa cadavere” che involontariamente fa il suo giuramento a Emily – o a qualcosa…

Sapete, tutti ricordiamo la leggenda di Prometeo, quel bravo e generoso titano che sottrasse un pochino di fuoco agli dei per farne dono agli uomini e che, per questo atto di insubordinazione, venne incatenato da Zeus sulle gelide cime dei monti del Caucaso – e voi direte “basterà come punizione”, e invece no – dove un’aquila con il becco di ferro ogni giorno giungeva a dilaniargli il fegato – da qui l’espressione “rodere il fegato” – che ricresceva ogni notte, affinché il suo supplizio fosse eterno.

Quello che spesso non si sa è che, fortunatamente, un giorno, si trovò a passare da quelle parti quel bravo semidio di Ercole che decise di salvare il “donzello in difficoltà”; così, con una freccia abbatté l’aquila che tormentava Prometeo e poi lo liberò spezzando le sue catene. Zeus allora decise di non opporsi alla liberazione del titano, ma gli impose di indossare al dito un anello della catena in cui era incastonato un frammento della roccia della montagna cui era stato legato, come perenne simbolo della sua punizione e della sottomissione al padre degli dei.

Anello de “Il Signore degli anelli”

E finalmente parliamo di Lui, l’anello che non ho bisogno di presentazioni, l’anello degli anelli, il “tessoro”: il solo ma soprattutto l’“Unico” Anello.

L’Anello entra inizialmente in scena ne “Lo Hobbit” (1937), ma bisogna attendere “il Signore degli Anelli” – scritto tra il 1938 e il 1952 –  perché le sue vicende siano narrate per esteso.

L’Anello fu realizzato dal Signore Oscuro Sauron con l’intenzione di rafforzare il proprio potere. Esso voleva creare un oggetto in grado di controllare tutti gli altri Anelli del Potere forgiati in precedenza, i quali erano stati distribuiti a Elfi, Nani e Mortali. In questo modo, Sauron sperava di ottenere l’egemonia su tutte le razze della Terra di Mezzo.

Il potere primario dell’Unico Anello era dunque il controllo sugli altri anelli, inclusa la padronanza dei loro poteri e il dominio sulla volontà dei loro possessori. Tuttavia, essendo stato forgiato con l’essenza del Signore Oscuro, solo quest’ultimo è in grado di esercitarne tutta la potenza. Poteri o effetti diversi dell’Anello sono visti nell’utilizzatore a seconda della sua personalità e capacità. Udito sopraffino e vista acuta ne sono degli esempi. Nonostante i numerosi pregi, indossarlo ha delle notevoli conseguenze, come diventare brutti e psicopatici come Sméagol/Gollum.

Un altro fondamentale potere dell’Anello è la capacità di trasportare la persona che lo indossa dal regno fisico nel regno degli spiriti, varcandone la soglia. Tale effetto si traduce nel rendere il possessore invisibile a tutti gli esseri concreti.

Dovete sapere che le fonti da cui John Ronald Reuel Tolkien ha tratto ispirazione e suggestioni per “Il Signore degli Anelli”, in particolare, e l’intero corpus delle sue opere, in generale, sono davvero molteplici; la più antica delle quali è di certo la leggenda dell’anello di Gige.

Questo mito è narrato da Platone ne “La Repubblica” – che non è il giornale – e racconta la storia di Gige, che era un bovaro al servizio del re di Lidia, Candaule. Dopo un nubifragio e un terremoto, nel luogo dove Gige stava pascolando il suo armento, si aprì una voragine; meravigliato e spinto dalla curiosità, il pastore entrò e scoprì che tra le meraviglie di quel luogo sotterraneo vi era anche un enorme cavallo di bronzo nel quale si trovava il cadavere di un individuo di proporzioni sovrumane con un bellissimo anello d’oro al dito, di cui si impadronì. Uscito dalla caverna, nel metterlo, scoprì per caso che girando il castone dalla parte interna della mano, diventava invisibile a chiunque, effetto che scompariva quando girava di nuovo il castone verso l’esterno. Godendo del potere dell’invisibilità grazie all’anello, Gige andò così al palazzo del Re e, giunto, seducendo la moglie di Candaule, con il suo aiuto uccise il re, divenendo perciò il re della Lidia.

Il tema dell’anello magico e dell’eroe uccisore del drago – Túrin Turambar uccide Glaurung, Bard l’arciere uccide Smaug – si ritrova nell’“Edda poetica”– una raccolta di poemi in lingua norrena, tratti dal manoscritto medioevale islandese “Codex Regius”, scritto nel XIII secolo – e si riflette diversamente in due grandi opere che da quest’ultima traggono le sue origini: “La saga dei Voslunghi” – scritta in prosa da un autore anonimo nell’Islanda del tardo XIII secolo – e “I Nibelunghi”– un poema epico scritto in alto-medio tedesco agli inizi del XIII secolo – che riportano due versioni diverse della storia dell’eroe Sigurd-Sigfrido, uccisore del drago Fafnir, e della valchiria Brynhilde-Brunilde.

È probabile che Tolkien, nella stesura delle sue opere, abbia tenuto in considerazione anche la trasposizione musicale che di questo corpus di leggende ne fa il compositore Richard Wagner alla metà del XIX secolo con “L’anello del Nibelungo”.

Apro e chiudo una piccola parentesi in cui desidero informarvi che quello di Gige e de “Il Signore degli Anelli” non sono gli unici anelli che conferiscono l’invisibilità ma che in realtà questo topos è molto diffuso.

Nel “Roman de Thebes” – un romanzo francese medievale in versi, ispirato alla Tebaide di Stazio – scritto presumibilmente intorno a 1150, la maga Medea regala a Giasone un anello capace di rendere invisibile il suo possessore girando all’interno della mano il suo castone.

Nella raccolta medievale di racconti gallesi chiamata “Mabinogion”, uno dei romanzi – Geraint ab Erbin – ha l’omonimo personaggio che trova un anello che gli conferisce il potere dell’invisibilità quando viene indossato.

Infine, vi è il magico anello di Angelica, la bellissima principessa del Catai di cui narra Ludovico Ariosto ne “L’Orlando Furioso”, che possiede un anello che le consente di diventare invisibile quando viene importunata dai suoi numerosi ammiratori.

Ma per tornare a ciò che ha ispirato Tolkien nella creazione delle sue opere, ho lasciato per ultima la suggestione più affascinante di tutte…

Dovete sapere che nel 1785, vicino alla città romana di Silchester, nell’Hampshire, un uomo, probabilmente un contadino, trovò nel terreno un anello d’oro, e lo vendette alla famiglia Chute, residente nel vicino maniero di Vyne. Sebbene i Chute erano noti per essere interessati alla storia e alle antichità, non fu prima del 1888 che Chaloner Chute notò l’anello e ne pubblicò un documento. Successivamente l’anello, fu lasciato dal suo ultimo proprietario al National Trust – nome sotto cui si raccolgono varie associazioni nazionali di difesa di patrimoni culturali e naturali – assieme ad altri possedimenti ed è ora esposto all’interno del maniero di Vyne.

L’anello ha dieci sfaccettature e un castone quadrato inciso con la dea romana Venere. Sulla fascia è stato inciso “SE–NI–CIA–NE–VI–VA–S–II–NDE. Presumibilmente, l’iscrizione voleva dire “SENICIANE VIVAS IN DEO”, ovvero, “Seniciano, possa tu vivere con Dio”, tuttavia, avendo inserito due “I” nella parola “IN” non rimaneva spazio per l’O di DEO. In questo caso si tratterebbe di una scritta cristiana, probabilmente successiva alla forgiatura originale con la dea Venere sul castone.

Circa trent’anni dopo il ritrovamento dell’anello, fu rinvenuta una tavoletta di piombo incisa con una particolare maledizione, a Lydney, nel Gloucestershire, a più di 160 chilometri di distanza dal luogo di ritrovamento dell’anello, nella zona conosciuta come “Collina del Nano”, sito con antiche miniere e un tempio celtico dedicato al dio guaritore Nodens. Le tavolette di piombo recanti maledizioni erano comuni nel mondo romano e vengono indicate col nome di “defixiones”. Il testo inciso sulla lamina recita così:

“Al dio Nodens: Silvianus ha perso il suo anello e promette metà del suo valore a Nodens. Tra quelli di nome Senicianus, nessuno goda di salute finché non lo riporta nel tempio di Nodens.”

Nel 1929, circa centocinquant’anni dopo il rinvenimento dell’anello, l’archeologo Sir Mortimer Wheeler, era impegnato in ulteriori scavi del tempio di Nodens. Nel frattempo era avvenuta la pubblicazione di Chaloner Chute sull’anello di Senicianus, nome non molto comune, che, probabilmente, permise all’archeologo di fare un collegamento. Lo studioso incaricò quindi John Ronald Reuel Tolkien, che a quel tempo era “solo” un professore di filologia anglosassone e celtica all’Università di Oxford, di effettuare ricerche sull’anello in questione nonché sull’etimologia del nome “Nodens”.

Tolkien visitò il tempio di Nodens varie volte in quel periodo e, l’anno successivo, iniziò a lavorare a quello che sarebbe diventato il suo primo successo letterario: “Lo Hobbit”, il cui giovane protagonista Bilbo Baggins, come Senicianus, ruba un anello d’oro, che reca una scritta. Il precedente possessore dell’anello Gollum, come Silvianus, conosce il nome di chi gli ha sottratto il suo “tessoro”, scaglia parole di odio che suonano come una maledizione nei confronti del ladro.

Coincidenze?

Io non credo proprio…

Anello simbolo di potere

Abbiamo detto che l’anello, indossato da persone che ricoprivano cariche di potere, soprattutto se possedeva un sigillo, ma anche se ne era sprovvisto, divenne esso stesso simbolo di quel potere di cui i loro proprietari erano detentori.

Ne è un esempio la già citata scena del film “Alexander”, e sappiamo che la traslazione del potere di una persona sul suo anello è molto antica. Ne troviamo traccia nell’Antico Testamento nella vicenda di Giuseppe – non il padre adottivo di Gesù, ma quello che ha interpretato il sogno delle sette vacche grasse e delle sette vacche magre fatto dal faraone – nella Genesi 41, 37-42:

“Il consiglio piacque al Faraone e ai suoi ministri. E disse il Faraone ai suoi ministri: «Potremo noi trovare un uomo al pari di questo, pieno dello spirito di Dio?» E il faraone disse a Giuseppe: «Poiché Dio ti ha fatto conoscere tutto questo, non c’è uomo intelligente e savio al pari di te. Tu sarai sovrintendente della mia casa e tutto il popolo obbedirà ai tuoi ordini: per il trono soltanto io sarò più di te.» Disse ancora il Faraone a Giuseppe: «Guarda, io ti costituisco capo di tutto l’Egitto.» Il Faraone si tolse l’anello di mano e lo mise alla mano di Giuseppe […].”

L’anello, proprio come in questo caso, era considerato a tutti gli effetti una delega del potere; infatti, assieme al bastone era uno degli oggetti che costituiva il “kit da viaggio” del “bravo ambasciatore”.

A tal proposito, potrebbe considerarsi un anello simbolo di concessione temporanea del potere anche l’anello pescatorio del Pontefice.

Dunque nel corso dei secoli si sedimentò sempre più nell’immaginario collettivo l’idea dell’anello come simbolo di potere detenuto o concesso.

Non per nulla, uno dei gesti più noti di riconoscimento, sottomissione e omaggio all’autorità di una persona è proprio il bacio dell’anello.

E se la traslazione del potere di qualcuno sul proprio anello non ha richiesto molto tempo, il passaggio a considerare l’anello come oggetto dotato di potere indipendentemente dal suo proprietario, nell’immaginario collettivo è stato quasi altrettanto breve. Lo testimoniano le tante leggende e fiabe che lo vedono come favoloso oggetto magico, a volte persino dotato di una propria volontà, ma anche la creazione di veri anelli cui si attribuivano poteri magici.

Anelli magici o portentosi

Agli anelli, soprattutto se dotati di pietre preziose o simboli incisi, si assegnavano virtù terapeutiche, poteri di protezione contro malattie o maledizioni. Gli antichi egizi e gli ebrei incidevano sugli anelli parole o frasi magiche. Oppure, ad esempio, i soldati nell’antichità portavano un anello ornato con un diaspro rosso, pietra associata al sangue, per evitare la morte e la perdita di molto sangue dovuta alle gravi ferite.

Ma ora torniamo nel mondo dalla fantasia, per parlare degli incredibili anelli che la mente umana ha immaginato nei secoli.

Tra leggende, fiabe, libri e film gli anelli magici da ricordare sono davvero tanti e tutti estremamente affascinanti. Qui cercherò di offrirvene un breve ma interessante florilegio.

Oltre ai già citati anelli dell’invisibilità di Gige, Sauron, Giasone, Geraint ab Erbin e Angelica esistono altri anelli con diversi e strabilianti poteri.

Si narra in antiche leggende che re Salomone possedesse un anello magico, su cui svettava come sigillo la stella a sei punte, che lo rendeva onnisciente e gli conferiva la capacità di parlare con gli animali, scacciare o sigillare i demoni e invocare gli angeli.

Ma anche il mondo delle fiabe pullula di anelli portentosi, come l’anello di Aladino

Sì, avete capito bene. Perché nella fiaba originale Aladino aveva al suo servizio due geni, e se uno appariva strofinando una lampada, l’altro compariva proprio strofinando un anello!

Un’altra fiaba in cui compare questo oggetto è “L’anello magico” di Italo Calvino.

Le ballate scozzesi “Hind Horn” e “Bonny Bee Hom”, invece, includono entrambe un anello magico che diventa pallido quando la persona che l’ha ricevuto ha perso la persona che l’ha regalato.

Interessante è il romanzo satirico di William Makepeace Thackeray “The Rose and the Ring” in cui compare un anello che ha il potere di rendere bello chiunque lo possieda. E, dopo “Il Signore degli anelli”, ritroviamo questo magico oggetto anche nella saga de “Le cronache di Narnia” di Clive Staples Lewis, nella saga di “Elric di Melniboné” di Michael Moorcok, ne “Il guerriero dell’anello” di Karl Edward Wagner e ne “Le cronache di Thomas Covenant l’incredulo” di Stephen Reeder Donaldson.

Ma anche il fantastico mondo “Pop” subisce il fascino senza tempo dell’anello inserendolo all’interno dei film e dei fumetti più disparati, come “Doctor Who”, “The Vampire Diaries”, “Lanterna Verde”, “Iron Man”, per citarne solo alcuni.

Anelli pericolosi

Sapete che alcuni anelli possono essere davvero pericolosi e persino… letali?

Non mi credete?

Allora lasciate che vi racconti…

Una (pessima) abitudine si diffuse nelle corti del XV e XVI secolo, soprattutto italiane: il veleno, che fece la fortuna di molti personaggi politici di spicco e di tanti alchimisti dell’epoca. L’“arma dei vili”, così come venne chiamata fin dal Medioevo, servì spesso a regolare le guerre private sorte in seno alle famiglie dominanti, senza che quasi mai si subissero conseguenze personali e penali per i propri scellerati comportamenti. Il veleno, in particolare l’arsenico, da sempre “il re dei veleni e il veleno dei re”, eliminava il “problema” alla radice, rapidamente e senza lasciare tracce, una vera e propria manna dal cielo per le tante persone prive di scrupoli ma ricche di ambizione o sete di vendetta, o entrambe.

Ma per servirsi del veleno è necessario portarlo con sé in un contenitore pratico, che passi inosservato e che sia a portata di mano per versare la mortale sostanza in qualche bicchiere o pietanza in modo rapido e senza destare alcun sospetto…quale migliore contenitore di un anello con un castone a doppio fondo?

Da queste particolari “esigenze” nascono gli anelli porta veleno.

L'Anello

I prossimi “anelli pericolosi” di cui andiamo a parlare sono quattro, saldati assieme… avete già capito di cosa sto parlando?

Il tirapugni – o noccoliera – è un’arma contundente dalle origini molto antiche. Ne erano a conoscenza i nuragici, come risulta dai numerosi bronzi di guerrieri rinvenuti nell’isola di Sardegna, soldati armati di paramano borchiati. Di seguito strumenti simili in pelle e metallo furono utilizzati da greci e romani, che indossavano particolari noccoliere chiamati cestus per competizioni di tipo religioso-sportive.

L'Anello

Con il tempo i tirapugni vennero modificati ed elaborati in molteplici modi: alla fine del XIX secolo furono incorporati in vari tipi di pistole, come il revolver Apache e, durante la prima guerra mondiale, l’esercito degli Stati Uniti emise due diversi coltelli con un tirapugni nel manico. Inoltre vi informo che alcuni modelli sono anche dotati di spuntoni sugli anelli. Esistono perfino dei tirapugni con delle lame di supporto attaccate ai lati (anche smontabili) e, per i più esigenti – lo so sembra una televendita di robot da cucina – esistono noccoliere che, al contatto con l’avversario, emettono una micro scarica elettrica che può avere un voltaggio da 800.000 a 2.000.000 di volt.

Ma vi avverto che anche per acquistare il modello base e necessario il porto d’armi.

E non dite che non vi avevo avvisato.

Poi ci sono altri due anelli pericolosi che non sono armi in sé, ma strumenti per l’utilizzo di un’arma estremamente affascinante e antica: l’arco.

La tradizione dell’utilizzo di questi anelli nasce in Oriente, probabilmente presso il popolo dei Mongoli. Il loro ruolo era diverso e complementare: un anello, che si indossava sul pollice della mano che impugnava l’arco, presentava delle profonde scanalature e aveva la duplice funzione di proteggere il dito dalle abrasioni provocate dallo sfregamento del fusto della freccia e dal suo impennaggio e per fornire un comodo appoggio alla freccia stessa per poi essere scoccata, l’altro, invece, che aveva una lunga linguetta, si indossava sul pollice della mano che tendeva la corda, per proteggerne il polpastrello.

Il tutto per abbattere tutti i nemici che si desiderava, a piedi o a cavallo, nel più completo confort.

Infine non posso non citare un “anello” molto pericoloso, delimitato da corde, in cui due sfidanti si incontrano e si scontrano: il ring.

Conclusioni

Siamo giunti al termine di questo viaggio all’interno del magico mondo degli anelli, dei loro significati e funzioni reali o fantastiche, ma mi sono accorta solo adesso di aver tralasciato la più antica leggenda sulla sua origine:

“In un’epoca antichissima le vespe erano insetti decisamente grassottelli e poco tonici, poiché per muoversi sbattevano solo le ali senza muovere affatto il resto del corpo. Un giorno la vespa inventrice ebbe un vero lampo di genio: saldò assieme le due estremità di un segmento di ago di pino e creò l’hula hoop!

Quando mostrò l’utilizzò della sua invenzione alla regina e alla sua corte tutte ne furono entusiaste e, da quel giorno lo utilizzarono sempre per divertirsi e tonificare i muscoli dell’addome. Proprio grazie agli assidui esercizi con questo strumento tutte le vespe adesso hanno il loro invidiabile vitino.

Ma un giorno di tanti secoli, ma cosa dico, millenni fa, una vespa si stava esercitando indisturbata con il suo hula hoop quando, improvvisamente sopraggiunse minacciosa una mantide religiosa che la mise in fuga, facendole abbandonare nella fretta il suo strumento per il fitness. La mantide concesse solo uno sguardo stizzito a quell’insulso cerchio e se ne andò via a stomaco vuoto. Ma poco dopo sopraggiunse il fabbro del villaggio che sospirava mantenendo gli occhi fissi e tristi a terra perché era innamorato di una bellissima ragazza, ma non sapeva come confessarle il suo amore. Proprio in quel momento notò lo strano cerchietto e lo raccolse, rigirandolo delicatamente tra le dita domandandosi cosa fosse e, in quello stesso istante capì che era esattamente ciò di cui aveva bisogno. Corse alla sua fucina e lo ricoprì d’oro, dopodiché, vi applicò in cima un piccolo lucido e graziosissimo guscio di chiocciola e si diresse in tutta fretta dalla fanciulla che gli aveva rapito il cuore. Quando le infilò al dito quell’oggetto mai visto così meraviglioso nella sua minuta perfezione, non poté che essere conquistata da chi aveva creato per lei una cosa tanto bella.

Quando le altre donne del villaggio videro lo strano monile al dito della ragazza vollero che i loro mariti e i loro fidanzati gliene regalassero uno anche a loro. Così costoro si rivolsero al fabbro affinché creasse un gran numero di quei strani cerchi. dunque, grazie a un hula hoop di vespa, nacque e si diffuse la tradizione di regalare alla propria innamorata un cerchietto d’oro da indossare al dito”.

Il resto è storia.

Naturalmente questa leggenda è solo il parto della mia mente un po’ pazzerella, ma spero vi sia piaciuta.

Ci vediamo alla prossima avventura!

About Author

Sabrina Amato

Sabrina ama l’arte, così tanto da prendersi due lauree per avere ancor più motivi per amarla. Prova un fascino irresistibile per tutto ciò che non conosce, che sia profondo o lontano, e quindi adora l’acqua, nuotare, il mare e gli oceani, ma adora anche le danze orientali e le arti marziali. Nerd con la passione per il vintage, nel tempo libero partecipa come miss agli eventi del Miss Pin Up WW2 e ad ogni Romics come cosplayer. Sa resistere a tutto tranne alle tentazioni, ai gatti, ai cartoni animati e ai libri.

1 Comment

  • Sabrina, bellissimo articolo. Buon 2024!!!!

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