Recensione di “Pacific Fear”: il paradiso diventa incubo nel nuovo horror di Jacques Kluger, distribuito in dvd da Blue Swan
Recensione di "Pacific Fear": il paradiso diventa incubo nel nuovo horror di Jacques Kluger distribuito in dvd da Blue

L’oceano è una promessa di libertà, l’isola un rifugio lontano dalla civiltà. Ma cosa succede quando il paradiso si trasforma in un incubo? Pacific Fear (titolo originale Maraé), il nuovo horror di Jacques Kluger, affonda le radici nelle paure più ancestrali: l’isolamento, l’ignoto e il peso di tabù dimenticati.
Onde perfette e segreti sepolti
Sarah (Adèle Galloy), ex campionessa di surf, ha visto la sua carriera spezzarsi dopo un tragico incidente. Per ritrovare se stessa, convince tre amiche a seguirla in un viaggio alla ricerca dell’onda perfetta, una di quelle mai cavalcate da nessuno. La meta è un’isola misteriosa, un luogo fuori dalle mappe, inaccessibile e avvolto da leggende. A condurle è Sam, un ex militare che lancia un avvertimento inquietante: nessuno che abbia messo piede su quell’isola è mai tornato.
Ma chi prenderebbe sul serio una storia del genere?
Il paesaggio è paradisiaco, un sogno per ogni surfista. Ma basta un errore – un gesto apparentemente innocuo – per infrangere il fragile equilibrio che governa l’isola. le ragazze profanano un Maraé, un luogo sacro della cultura polinesiana, e da quel momento la vacanza diventa una lotta per la sopravvivenza contro una forza oscura e implacabile.
Tra mito e horror: una formula classica
Jacques Kluger, già regista di Play or Die, conosce bene i codici del genere: l’isolamento, l’avvertimento ignorato, la punizione soprannaturale. Pacific Fear rielabora questi elementi inserendoli in un contesto esotico, evocando titoli come The Ruins o Turistas, ma con un sottotesto più profondo.
L’orrore non è solo quello fisico, ma anche quello culturale. Il film riflette sulle conseguenze dell’ignoranza e dell’arroganza occidentale nei confronti delle tradizioni indigene. Il Maraé profanato non è solo il punto di svolta della narrazione, ma un monito sulle cicatrici lasciate dal colonialismo culturale e dalla mancata comprensione di culture diverse dalla nostra.
Contrasto tra paradiso e inferno
Visivamente, Pacific Fear sfrutta al massimo la bellezza della Polinesia Francese, contrapponendo l’incanto delle acque cristalline e delle spiagge incontaminate all’oscurità opprimente della notte. Il passaggio da sogno a incubo è sottolineato da una fotografia che esalta i contrasti, trasformando la natura in una presenza inquietante.
Il ritmo serrato (85 minuti di durata) non lascia spazio a momenti di respiro: tensione costante, poche divagazioni e un crescendo che spinge lo spettatore sempre più in profondità nell’orrore.
Adèle Galloy guida un cast giovane ma convincente. Il suo personaggio, Sarah, non è la solita final girl ingenua, ma una donna con un passato traumatico e una determinazione che la spinge oltre la paura. Un’eroina imperfetta, ma credibile.
Il film corre via come un treno, un b-movie che non lascia scampo ma che avrebbe maritato un maggiore respiro e un’attenzione più approfondita verso gli antagonisti. Peccato per il finalissimo, aperto, che presuppone un seguito.
Una nota curiosa: Il film ha delle curiosi affinità con una trilogia di albi a fumetti francesi pubblicati anche in Italia. Sto parlando di Bikini Atoll di Christophe Bec e Bernard Khattou pubblicata dalla Editoriale Cosmo.
Nota sull’edizione dvd
Pulite le immagini, ottimo il suolo. Non sono presenti contenuti speciali