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Recensione di “Bangkok Dog”: tradizione, identità e violenza urbana in uno scatenato action thailandese, distribuito in dvd da Blue Swan

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Recensione di “Bangkok Dog”: tradizione, identità e violenza urbana in uno scatenato action thailandese, distribuito in dvd da Blue Swan

Diretto dalla regista thailandese Chaya Supannarat al suo esordio nel lungometraggio, Bangkok Dog è un thriller poliziesco che fonde l’energia delle arti marziali del Sud-est asiatico con una narrazione ruvida, urbana, essenziale. Il risultato? Un’opera che, pur con i suoi limiti, ha un’anima chiara: riportare il cinema d’azione a una dimensione più concreta, viscerale e spettacolare.

Sotto copertura tra Bangkok e l’inferno del traffico umano

Bangkok Dog racconta l’infiltrazione dell’agente americano Andrew Kang (D.Y. Sao) all’interno di una violenta organizzazione criminale thailandese. Dopo aver scoperto un carico di droga e cinque cadaveri in un container, Kang assume l’identità del detenuto Benz Wu per inserirsi sotto copertura nei bassifondi di Bangkok. Lì, diventa un “cane”, ovvero un sicario/riscossore agli ordini dei suoi nuovi superiori.

La missione, come da tradizione del sottogenere undercover, lo spingerà in un progressivo smarrimento di sé, dove i confini tra identità reale e fittizia si fanno sempre più labili. Questo conflitto, già visto in film come Point Break, Donnie Brasco o The Departed, trova qui una nuova declinazione attraverso il filtro culturale e visivo del cinema thai.

Combattimenti credibili, girati con intelligenza

Ciò che rende Bangkok Dog un titolo degno di attenzione è la qualità delle sequenze di combattimento, che rappresentano il vero cuore del film. D.Y. Sao, artista marziale di origine cambogiana cresciuto in California, offre una performance fisica che ricorda l’agilità e il carisma dei grandi del genere, da Bruce Lee a Tony Jaa. Le sue tecniche mescolano Muay Thai, Kung Fu, elementi acrobatici e un timing sempre credibile.

A differenza di molte produzioni occidentali che nascondono le imperfezioni con tagli frenetici, qui la regista Supannarat sceglie la chiarezza visiva: lunghi piani sequenza, una fotografia luminosa e movimenti di camera che valorizzano ogni colpo, ogni torsione, ogni caduta. È un cinema d’azione che si prende il tempo di mostrare davvero cosa accade sullo schermo, restituendo dignità e spettacolo alla fisicità degli interpreti.

Il contributo di Brian Le (Benz Wu) è altrettanto fondamentale. Membro del collettivo Martial Club, Le sorprende per la sua agilità nonostante la stazza robusta. Le sue coreografie integrano elementi di capoeira, tricking e movimenti di danza marziale brasiliana, regalando scontri altamente spettacolari. I duelli tra Le e Sao sono i veri showstopper della pellicola: violenti, coreografati con precisione, mai gratuiti.

Presenza scenica e limiti recitativi

Dal punto di vista drammaturgico, il film trova una delle sue ancore emotive nel rapporto tra Kang e Charn Chai Yoodee (Byron Bishop), un affiliato di medio livello dell’organizzazione. Il loro legame, costruito con progressiva fiducia e tensione, rappresenta una dinamica interessante, dove si incrociano rispetto, paura e senso di colpa. È l’unico personaggio secondario che riceve una scrittura leggermente più sfumata, anche grazie a una performance intensa e sobria di Bishop.

Il villain principale, Mesias, interpretato da Sahajak Boonthanakit, evita la caricatura grazie a un’interpretazione trattenuta ma inquietante. Non urla, non gigioneggia: è freddo, distaccato, e proprio per questo più spaventoso. La sua presenza incombe come una minaccia costante, senza bisogno di apparire in ogni scena.

Dove invece il film mostra qualche debolezza è nella recitazione nei momenti drammatici. D.Y. Sao, pur migliorato rispetto ai suoi ruoli precedenti, fatica a trasmettere le sfumature emotive del personaggio. Alcune scene che dovrebbero colpire a livello psicologico rimangono in superficie. Ma va detto: Bangkok Dog non è un film che punta alla profondità psicologica – e quando lo fa, non è sempre efficace.

La visione di Supannarat

Per essere un’esordiente nel lungometraggio, Chaya Supannarat dimostra una padronanza visiva sorprendente. Dopo cinque cortometraggi e due esperienze da produttrice con D.Y. Sao (Fast Vengeance, Shadow Master), gestisce qui una produzione più ambiziosa con rigore e attenzione.

Il montaggio evita i cliché da videoclip; la fotografia, firmata da Phinit Phangsuriya, riesce a catturare le due anime della narrazione: la luce calda e instabile di Long Beach, dove si apre il film, e quella più fredda e urbana di Bangkok, con i suoi quartieri labirintici, le luci al neon, le strade piene di contrasti. La città diventa un vero e proprio personaggio, come accade nei migliori noir asiatici.

La mano di Prachya Pinkaew (regista di Ong Bak) come produttore esecutivo si percepisce in particolare nella cura coreografica e nella direzione delle scene d’azione, vero punto di forza della pellicola.

Lo script di Laurence Walsh segue i binari classici del thriller d’infiltrazione. La struttura è solida, ma poco originale. Il conflitto identitario del protagonista è più suggerito che approfondito, e molte dinamiche restano schematiche. I dialoghi sono funzionali, ma raramente memorabili. Non è un difetto mortale, ma in un film che cerca una propria identità, un po’ più di rischio narrativo avrebbe potuto fare la differenza.

Bangkok Dog rimane un film onesto, coerente con la propria visione. Offre combattimenti spettacolari, una regia pulita, un cast credibile dal punto di vista fisico e un ritmo che non lascia tregua per 85 minuti. È un prodotto che si rivolge a un pubblico preciso – quello degli amanti delle arti marziali e del cinema d’azione asiatico – ma riesce ad avere un respiro più internazionale.

Distribuito in home video dalla Blue Swan l’edizione dvd non presenta contenuti extra, offre un comparto audio/video di tutto rispetto e la lingua originale con sottotitoli in italiano.

About Author

Giovanni Lembo

Giornalista, sceneggiatore, speaker, podcaster, raccontastorie, papà imperfetto. Direttore di Sitopreferito.it e fondatore del Preferito Network. Conduce Preferito Cinema Show su Radio Kaos Italy tutti i martedì alle ore 15, e il podcast L'Edicola del Boomer sulle principali piattaforme. Gli piacciono i social, i fumetti, le belle storie, scrivere di notte con la musica nelle orecchie, vedere un sacco di film e sognare ad occhi aperti.

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