Recensione di “Paternal leave” di Alissa Jung con Luca Marinelli
Recensione di "Paternal leave" di Alissa Jung con Luca Marinelli, un difficile percorso di conoscenza e crescita.

“Paternal leave”, un difficile percorso di conoscenza
Mettetevi nei panni di un ultratrentenne istruttore di surf che vive in riva all’Adriatico in un camper, con casotto annesso, e riceve una visita addirittura dalla Germania, nelle sembianze di una quindicenne che si esprime soltanto in inglese oltre che nella sua lingua madre. Avrete così la misura della costernata sorpresa dell’uomo, destinata a trasformarsi presto in incredulità quando la ragazza si presenta come sua figlia. La giovane visitatrice ha visto il padre una sola volta in un breve video sottratto alla madre e all’insaputa di lei si è imbarcata in un lungo viaggio non spinta dalla curiosità, ma dal desiderio di capire perché é stata rinnegata dal genitore.
Inizia così un accidentato percorso di conoscenza reciproca, con molti bassi e pochi alti, anche perché nel frattempo il protagonista ha avuto un’altra figlia che si rifiuta di far conoscere alla sua primogenita, a sua volta da lui continuamente disconosciuta nei rari incontri con gli abitanti del luogo.
Qualche nodo alla fine di questo travagliato cammino si scioglierà, ma il “congedo dal padre” – come nel titolo – non sarà precisamente il lieto fine, o meglio non lo sarà del tutto, che ci si sarebbe potuti aspettare: il danno, alla fonte, ha un procurato un dolore difficile da sanare.
“Questo il contesto di “Paternal leave“, opera prima di Alissa Jung, tra l’altro consorte del protagonista Luca Marinelli, in uscita il prossimo 15 maggio e presentata in anteprima stampa presso la Casa del cinema a Roma.
L’inverno nel cuore
Non spiagge assolate, non azzurre distese marine, ma nebbie e un mare invernale desolato e sempre livido sono i muti testimoni della vicenda: l’intento registico di riprodurre una sorta di gelo nell’animo sembra non estraneo a questa scelta ambientale. Né il freddo interiore é imputabile esclusivamente al padre mancato, perché la madre, nelle rare telefonate alla figlia dalla Germania, non pare preoccuparsi più di tanto di dove si trovi la ragazza, assorbita come sembra dal suo lavoro.
Un Marinelli “all’inglese”
Luca Marinelli, il padre scomparso , veste con ottima padronanza del ruolo i panni dell’eterno immaturo, spaventato a suo tempo da una paternità sopravvenuta in giovanissima età. Un terrore tale da portarlo ad escludere sin dall’inizio l’esistenza stessa di una figlia. Tenta, é vero, di recuperare il tempo e l’occasione perduti riservando mille attenzioni alla bambina più piccola, ma resta fino in fondo il dubbio sulle sue capacità di instaurare stabili legami simil-coniugali.
Un Marinelli che per tre quarti del film si esprime in inglese, conservando pur sempre un’inflessione piuttosto “romana” che non disturba affatto, è la vera sorpresa del film. Come pure piacevolmente sorprende l’interpretazione della giovanissima Juli Grabenhenrich, più che una promessa.
Della regista Alissa Jung, al suo esordio assoluto dietro la macchina da presa, non si può dire che bene nella circostanza: traendo spunto da una storia personale ha inteso rappresentare un tema universale, quello del difficile rapporto tra padri e figli, tratteggiando con delicatezza e senza concessioni all’ipersentimentalismo una profonda condizione di disagio giovanile.
Volendo davvero cercare il pelo nell’uovo, é sembrato appena poco plausibile che la protagonista abbia avuto la fortuna d’imbattersi in un garzone di bottega capace di esprimersi in un inglese fluente e non banale. Ma si tratta di un dettaglio più che perdonabile nel quadro di un prodotto veramente di pregio.