Recensione di “L’amore che non muore” di Gilles Lellouche, melodramma romantico senza mezze misure
Recensione di "L'amore che non muore" di Gilles Lellouche, melodramma romantico dal ritmo frenetico che non conosce mezze misure.

“L’amore che non muore” di Gilles Lellouche, melodramma romantico esagerato e senza mezze misure
Io li amo i film così. I film esagerati, che eccedono in tutto (romanticismo, cinismo o violenza), che se ne fregano di apparire quello che non sono, troppo intensi e tanto coinvolgenti.
L’amore che non muore di Gilles Lellouche è un’opera che non conosce mezze misure: un melodramma romantico che si estende per due ore e messo, attraversando un decennio di passioni, crimini e redenzioni.
L’amore adolescente
Ambientata nella Francia degli anni ’80 e ’90, al centro della narrazione troviamo Jackie e Clotaire, due adolescenti provenienti da mondi diversi che si innamorano perdutamente. Lei è una studentessa brillante ma ribelle, lui un ragazzo problematico che scivola rapidamente nel crimine. Quando un colpo va storto e Clotaire finisce in prigione per dieci anni, la loro storia sembra destinata a finire. Ma il destino ha altri piani quando, una volta libero, Clotaire cerca disperatamente di riconquistare Jackie, ormai sposata con un dirigente aziendale.
Un film diviso in due
Il film è diviso in due parti distinte: la prima, ambientata negli anni ’80, racconta l’innamoramento adolescenziale con un’energia dirompente, mentre la seconda, ambientata dieci anni dopo, esplora le conseguenze di quell’amore interrotto.
È proprio nella prima metà che il film brilla maggiormente, grazie alle interpretazioni fresche e autentiche di Mallory Wanecque e Malik Frikah nei panni dei giovani innamorati. La loro chimica sullo schermo è palpabile, e Lellouche riesce a catturare perfettamente l’intensità e l’ingenuità del primo amore. Quando scatta la scintilla, e l’innamoramento viene rappresentato a schermo con i due che iniziano a ballare sulle note di A Forest dei Cure, ecco, questo è quello che intendo per fregarsene a andare dritti per la propria strada.
Quando la narrazione si sposta all’età adulta, Adèle Exarchopoulos e François Civil prendono il testimone con interpretazioni intense ma più tormentate. Exarchopoulos, in particolare, porta sullo schermo una Jackie indurita dalla vita ma ancora vulnerabile, mentre Civil infonde in Clotaire una disperazione palpabile.
Questa seconda parte perde un po’ della magia che caratterizzava la prima, ma ormai siamo coinvolti e le due ore e passa volano via in un attimo.
Frenetico e travolgente
Con uno stile visivo frenetico e una colonna sonora travolgente piena di hit (e qualche cover, immagino per questioni di costi), Lellouche crea un vortice visivo che riflette le emozioni tumultuose dei protagonisti.
Si percepisce che Lellouche crede profondamente nella storia che sta raccontando. Il suo è un cinema che non ha paura di essere sentimentale, che abbraccia il melodramma senza vergogna e che punta dritto al cuore dello spettatore. Decisamente promosso.