Recensione di “Ho visto un re” diretto da Giorgia Farina… ed è meglio di Sandokan
Recensione di "Ho visto un re" diretto da Giorgia Farina, interpretato da Edoardo Pesce, Sara Serraiocco, Lino Musella e

Sarà nelle sale il 30 aprile prossimo – distribuito da Rai Cinema – Ho visto un re, l’ultimo film di Giorgia Farina, già apprezzata per Amiche da morire e Guida romantica a posti perduti. Non è un’opera di pura fantasia perché, stando a quanto dichiarato dalla stessa regista, il narrato trae spunto da fatti reali riportati dal giornalista Nino Longobardi e da lei casualmente riscoperti e rielaborati alla bisogna.
Assolutamente originale l’introduzione che vede un bambino immerso nel mondo salgariano nei panni immaginari di Sandokan – è leggibile una citazione de Il labirinto del fauno -, salvo poi essere riportato bruscamente alla realtà dal padre, podestà di Roccasecca – località reale nei pressi di Frosinone – nel 1936. E’ il periodo della guerra in Abissinia, filiazione diretta dei deliri imperialisti del fascismo.
Ed è proprio questa impresa bellica a portare nel paesello un Ras etiope condannato lì al confino e sistemato in una voliera nel parco della villa del gerarca, con annesso sfratto del pavone che l’abitava. Alla stregua insomma di un fenomeno da baraccone ma agli occhi di Emilio, il figlio del podestà, insofferente alle parate dei balilla ed ai moschetti, il confinato è un vero re e non un eroe immaginario come il Sandokan delle sue fantasie.
Non è un affresco storico
Il film non ha la pretesa di offrire un affresco storico, ma delinea con sobrietà i tratti caratteristici dei personaggi che popolano un’epoca destinata a sfociare nella tragedia della seconda guerra mondiale. Edoardo Pesce interpreta l’ottuso e grottesco servitore locale del regime senza alcuna concessione al macchiettismo – si potrebbe dire alla maniera “sordiana”, come da lui stesso sottolineato. Sara Serraiocco è la consorte che coltiva velleità artistiche più per sfuggire ad un mondo che non le appartiene che per intima convinzione. Lino Musella rappresenta la rivendicazione del diritto alla diversità ed al dissenso in un periodo dominato dal conformismo politico e comportamentale (ogni riferimento al presente sembra non casuale). Gaetano Bruno incarna il perfetto esemplare del cinico ed edonista gerarca fascista.
Sorriso amaro
In definitiva, una commedia gradevole, condotta con mano leggera, che non suscita ilarità a buon mercato ma induce ad un sorriso amaro: perché ciò che è stato, se non si presta la massima attenzione, può sempre ripetersi, magari in forme più subdole e meno spettacolari. E per questo più insidiose.
Le riprese, anche se il luogo di ambientazione della vicenda é Roccasecca, sono state effettuate in gran parte a Pavona e gli interni girati in una vera villa risalente più o meno agli anni ’20 del secolo scorso.