Recensione di “Generazione romantica” di Jia Zhangke: la malinconia di un amore travolto dal tempo e dalla trasformazione della Cina
Recensione di "Generazione romantica" di Jia Zhangke: la malinconia di un amore travolto dal tempo e dalla trasformazione della

Jia Zhangke racconta la Storia – con la “S” maiuscola – attraverso i volti, i silenzi e le fratture emotive delle persone comuni. Con Generazione romantica (ma quanto è più bello e evocativo il titolo internazionale Caught by the Tides – d’ora in poi lo chiamerò così) presentato al Festival di Berlino 2024, Jia firma forse la sua opera più intima e al contempo più politica degli ultimi anni, un film che si muove tra l’amore e la dissoluzione, tra i resti della memoria e i pilastri del progresso.
Un viaggio cinematografico lungo vent’anni nella Cina che cambia
Ambientato in un arco temporale che va dai primi anni 2000 fino ai giorni nostri, Caught by the Tides segue la relazione intermittente tra Qiaoqiao (Zhao Tao, straordinaria come sempre) e Bin (Li Zhubin). Il racconto si sviluppa come un diario visivo, un flusso di momenti che non cercano la narrazione classica, ma costruiscono – fotogramma dopo fotogramma – una sinfonia del tempo perduto.
Quello che rende Caught by the Tides un’opera unica è la sua struttura quasi diaristica: Jia Zhangke attinge a materiali d’archivio, footage inediti girati nel corso di due decenni, scene eliminate dai suoi film precedenti (in particolare da Still Life, Ash is Purest White e Unknown Pleasures) e li riassembla con una nuova poetica. Non c’è un intreccio tradizionale, ma piuttosto una stratificazione emotiva che si sedimenta nel cuore dello spettatore.
La Cina come protagonista invisibile: urbanizzazione, alienazione, progresso
In Caught by the Tides, la Cina non è lo sfondo della vicenda: è il terzo protagonista. Le città che si trasformano, gli skyline che si impennano verso l’alto, le vecchie case demolite per fare spazio a un’urbanizzazione aggressiva: tutto diventa testimonianza visiva del trauma collettivo di una nazione che ha barattato la memoria con l’efficienza.
La diga delle Tre Gole, simbolo ricorrente nel cinema di Jia, ritorna come metafora potentissima: un’opera titanica che ha sommerso villaggi, vite e radici culturali. In questo senso, il film si inserisce pienamente nella riflessione politica del regista, che da anni denuncia – senza retorica né proclami – gli effetti collaterali del “progresso” cinese.
Ogni luogo attraversato dai protagonisti porta i segni del tempo: fabbriche dismesse, sale da ballo vuote, nuove metropoli fredde e impersonali. La macchina da presa indugia su questi spazi, li esplora con lentezza, restituendo una geografia emotiva che riflette la deriva interiore dei personaggi.
Quando il realismo incontra la poesia
Jia Zhangke adotta una regia distillata, essenziale, che rifiuta l’effetto facile per abbracciare la complessità del reale. I piani sequenza sono lunghi, contemplativi, spesso fissi: la camera osserva, non impone. In alcuni momenti, si percepisce una tensione quasi documentaristica, che dialoga però con un’estetica poetica fatta di colori desaturati, luci naturali, e composizioni rigorose.
Una scena su tutte – ambientata in un locale notturno – incarna perfettamente l’idea del tempo sospeso: i protagonisti si muovono nella folla come fantasmi, intrappolati in una dimensione in cui il passato non se ne va, e il futuro non arriva mai davvero.
La fotografia, firmata da Yu Lik-wai, è fondamentale per creare questo senso di dislocazione temporale: grigia, plumbea, carica di una bellezza decadente. La colonna sonora, invece, gioca un ruolo chiave nel tessere il filo emotivo della narrazione, alternando brani pop cinesi anni ’90 e silenzi profondi che amplificano la sensazione di vuoto.
Zhao Tao: una performance silenziosa e devastante
Zhao Tao, musa indiscussa del cinema di Jia Zhangke e sua compagna nella vita reale, offre qui una delle sue interpretazioni più intense. Il suo volto è un campo di battaglia emotivo: non servono parole, basta un cambio di espressione, un gesto mancato, uno sguardo che si distoglie. La sua Qiaoqiao è un personaggio simbolico, un’archetipo femminile che attraversa il tempo conservando dignità, resistenza, e una malinconia che taglia come il vetro.
Accanto a lei, Li Zhubin costruisce un Bin sfuggente, contraddittorio, a tratti amorale: l’incarnazione di una mascolinità fragile e smarrita in un mondo che cambia troppo in fretta per essere compreso.
Un film che sfida lo spettatore
Caught by the Tides non offre svolte narrative, non coccola lo spettatore con facili emozioni. Richiede attenzione, pazienza, e una disponibilità all’ascolto rara nel cinema contemporaneo.
Ma per chi accetta il patto, l’esperienza è profondamente gratificante. Jia ci mette di fronte a domande scomode: cosa siamo disposti a sacrificare per il progresso? Quanto ci definiscono i luoghi da cui veniamo? E soprattutto: è ancora possibile amare, veramente, in un mondo in continua mutazione?
Caught by the Tides è un’opera che riflette sulla perdita, sulla memoria, sull’identità – individuale e collettiva – e lo fa con una grazia cinematografica rara. In un’epoca dominata dalla velocità, Jia Zhangke ci invita a rallentare, ad ascoltare, a ricordare.
Un film che, come una marea, non si impone con violenza, ma che alla fine riesce a sommergere ogni certezza.
Generazione romantica (Caught by the Tides), sarà in sala dal 17 aprile.