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Recensione de “La mia amica Zoe” di Kyle Hausmann-Stokes

Recensione de "La mia amica Zoe", esordio dell'ex paracadutista dell'esercito americano Kyle Hausmann-Stokes.

Recensione de “La mia amica Zoe” di Kyle Hausmann-Stokes

“La mia amica Zoe”, primo lungometraggio dell’ex paracadutista Kyle Hausmann-Stokes

Sarà nelle sale italiane l’11 giugno prossimo La mia amica Zoe, il lungometraggio d’esordio di Kyle Hausmann-Stokes, ex paracadutista dell’esercito americano.

Stando a quanto puntualizzato dal regista, il film é liberamente ispirato a fatti reali, ma non inganni il titolo: non si tratta di una storia d’amicizia tout court, pur costituendo il filo conduttore della narrazione.

Semmai appare il pretesto per portare sul grande schermo i devastanti effetti a livello psichico della guerra, segnatamente quella in Afghanistan con riferimenti al conflitto in Iraq, su molti degli ex militari statunitensi.

Due donne alla guerra

Il Ptsd, acronimo anglosassone che tradotto in italiano è il disturbo post traumatico da stress, ha colpito in effetti un cospicuo numero di reduci portandone parecchi al suicidio. A questa sindrome non sfugge una delle due protagoniste, Merit, per di più tormentata da sensi di colpa nei confronti della sua ex compagna d’armi Zoe, da lei abbandonata al suo destino dopo il congedo e morta di propria mano.

La sua presenza immaginaria l’accompagna per quasi tutta la durata del film, salvo scomparire nel finale quando la sopravvissuta arriva finalmente ad ammettere con se stessa di non aver fatto abbastanza per salvare l’amica, cosa fino a quel momento ostinatamente negata.

“Nato il 4 luglio” é lontano

A conti fatti, si é di fronte ad un prodotto – comunque testimonianza preziosa di chi, come il regista, é stato direttamente coinvolto in vicende belliche – che resta impantanato nelle sabbie mobili del non detto. Ovvero si rappresenta un disagio reale e drammatico ma evitando di farsi domande.

La sorte dei reduci viene cioè proposta come qualcosa di ineluttabilmente consequenziale, senza porsi interrogativi di più ampio respiro sulla giustezza delle guerre in generale e di “certe” guerre in particolare. A parere dello scrivente é un’occasione mancata che  nuoce gravemente a questo film.

La latitanza di accenti contrari fa sì che ci trovi a distanze abissali da pellicole come Nato il 4 luglio e E Johnny prese il fucile, due splendidi esempi di j’accuse contro gli orrori di qualsivoglia conflitto. Lo stesso veterano del Vietnam, interpretato da Ed Harris, é una copia annacquata e quasi celebrativa di quello incarnato da Tom Cruise con ben altra profondità.

Nel cast anche Morgan Freeman nei panni dello psicologo che si prodiga per sottrarre i reduci ad una sorte ingrata: figura quasi angelica che annega nel pozzo dell’ovvio. Sonequa Martin-Green e Natalie Morales interpretano rispettivamente con risultati modesti Merit e Zoe.

 

 

 

 

About Author

Angelo Marcoaldi

Angelo Marcoaldi è nato a Roma il 12.03.1956. Diplomato al Liceo classico Giulio Cesare di Roma nel 1975, è giornalista pubblicista. Ha collaborato a diversi quotidiani e periodici. Dal 1982 al 1988 è stato programmista regista radiofonico in RAI, con contratti a tempo determinato, curando in particolare trasmissioni di poesia contemporanea. Ha lavorato fino al 2006 per un call center e dal 2007 è stato dipendente del Comune di Roma.

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